Illegittimo il divieto di riconoscimento del figlio da parte della madre intenzionale dopo la PMA all’estero

Primo commento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 68/2025

William Damiani 3 Giugno 2025
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La Corte Costituzionale con la sentenza del 22 maggio 2025 n. 68 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 8 della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), nella parte in cui non prevede che il nato in Italia da donna che ha fatto ricorso all’estero, in osservanza delle norme ivi vigenti, a tecniche di procreazione medicalmente assistita, ha lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che, del pari, ha espresso il preventivo consenso al ricorso alle tecniche medesime e alla correlata assunzione di responsabilità genitoriale.

Le origini della vicenda

La vicenda prende avvio da una domanda di rettificazione ai sensi degli articoli 95 e seguenti del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 promossa dalla procura della Repubblica presso il Tribunale di Lucca, relativamente ad un atto di nascita formato in Italia che riportava la dichiarazione di riconoscimento resa da due donne nelle rispettive qualità di madre biologica e madre intenzionale.
Il Tribunale di Lucca, chiamato a decidere nel giudizio di rettificazione, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 8 e 9 della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita) e dell’articolo 250 del codice civile, nella misura in cui impediscono al nato nell’ambito di un progetto di procreazione medicalmente assistita (PMA) eterologa praticata da una coppia di donne, l’attribuzione dello status di figlio riconosciuto anche dalla cosiddetta madre intenzionale che, insieme alla madre biologica (per tale dovendosi intendere la donna che ha partorito), abbia prestato il consenso alla pratica di fecondazione.

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Liliana Palmieri, Tiziana Piola | Maggioli Editore 2025

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