Il report dell’Agenzia delle Nazioni Unite sulle condizioni socio-economiche dei rifugiati in Italia

Il 43,5% dei rifugiati vive in una condizione di povertà assoluta; l’84% ha lavorato in Italia ma solo il 21% ha un impiego stabile

19 Giugno 2025
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A maggio l’Agenzia delle Nazioni Unite UNCHR (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), ha pubblicato il report finale: “INTEGRATION BETWEEN CHALLENGES AND OPPORTUNITIES – A study on socio-economic conditions of refugees in Italy”.
L’indagine, condotta con la collaborazione di ISTAT è stata realizzata insieme a Lattanzio KIBS, società italiana di consulenza a supporto della PA a livello globale e FIERI “Researching Migration and Society”, associazione indipendente con sede a Torino. L’analisi propone un quadro sulle condizioni socio-economiche delle persone che usufruiscono del diritto di protezione internazionale.

I risultati del report

L’obiettivo della ricerca è quello di fornire maggior consapevolezza circa la situazione della maggioranza delle persone beneficiarie dello status di rifugiati per predisporre nuovi strumenti in grado di contrastare l’ingente povertà e di restituire una dignità economica (e non) lavorando sull’integrazione partecipativa.
I risultati sono allarmanti: il 43,5% vive in una condizione di povertà assoluta, il 67% è sotto la soglia di povertà relativa e il 26% versa in una condizione di grave deprivazione materiale e sociale.
Utilizzando la stessa metodologia, si evidenzia un numero profondamente inferiore rispetto alle relative condizioni per italiani e immigrati.
 
Una delle principali matrici della precarietà economica dei rifugiati sono senz’altro le condizioni di lavoro: circa l’84% degli intervistati ha svolto almeno un lavoro retribuito da quando è arrivato in Italia, ma solo il 21% ha un impiego stabile e a tempo pieno.
Oltre un quarto degli intervistati ha dichiarato di aver avuto problemi abitativi nell’ultimo anno. Disagi che, quando non risolti tramite l’ospitalità di parenti o amici, portano uomini e donne a diventare senzatetto.
Ad esasperare le difficoltà circa la ricerca dell’impiego è la conoscenza della lingua: il 53% degli intervistati ha un livello medio-basso di competenze linguistiche italiane, una percentuale che sale al 62% per coloro che risiedono in Italia da 2 a 5 anni.

Percentuale di poverta assoluta per caratteristiche visual selection

Welfare: la mancanza di aiuti pubblici

Le soluzioni di welfare, indispensabile per fronteggiare le difficoltà dei rifugiati, non solo non si applicano, ma spesso mancano dell’attenzione verso la fascia dei rifugiati che, per un 73%, non ha avuto accesso a nessuna misura di welfare pubblico.
Il limitato supporto sociale obbliga le persone a rivolgersi altrove e cercare soluzione tra i nuclei privati di propria conoscenza; nella delicata condizione in cui versano, la maggior parte degli intervistati può contare su meno di 3 persone in caso di gravi problemi personali.
I settori della sanità e della protezione sociale sono i più lacunosi e non permettono alle persone rifugiate di usufruire della protezione che necessitano.

Rifugiati come risorse

L’immigrazione, in tutte le sue forme, ha costituito in passato e costituisce tuttora un’importante risorsa su cui si fondano le economie di molti Paesi. Saperla sfruttare e determinare validi processi di integrazione dei rifugiati nella società è indispensabile per non rischiare che si trasformi in un fenomeno di allarmismo collettivo e tensione sociale.
 
Oggi giorno molteplici strumenti mediatici e politici espongono questo fenomeno come un attacco strutturale alla comunità italiana presentandolo come un’emergenza perpetua e incontrollata. Questi toni esasperanti si traducono in fenomeni di discriminazione: il 45% degli intervistati dichiara di aver subito attacchi discriminatori, ma di questi, solo il 17% ha sporto denuncia presso le autorità.
 
Università, volontariato, organizzazione delle società civili svolgono tutte un importante ruolo per il sistema di asilo e l’impegno all’integrazione dei rifugiati nei meccanismi del mercato del lavoro italiano. Le autorità nazionali e locali devono accogliere la sfida e seguire l’esempio del settore privato proponendosi come alleati delle persone rifugiate nella loro partecipazione alla vita pubblica e ai processi decisionali che li riguardano.

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