Consultazione diretta dei registri e degli atti dello stato civile

Accesso riservato agli ufficiali di stato civile: limiti e divieti per i soggetti esterni

17 Ottobre 2025
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La consultazione diretta dei registri e degli atti di stato civile è da ritenersi vietata a tutte le persone estranee all’ufficio dello stato civile; si tratta, infatti, di una funzione riservata dalla legge esclusivamente agli ufficiali dello stato civile.
Inoltre, deve essere consentita la visione del singolo atto dello stato civile (non di altri atti dello stesso o di altri registri) a coloro che hanno diritto al rilascio della copia integrale ai sensi dell’art. 107 del d.P.R. n. 396/2000.
Non è, naturalmente, ammessa la consultazione dei registri per finalità di ricerca storica né per ricostruzione dei cc.dd. “alberi genealogici”.
I registri dello stato civile, sia pure dopo il decorso dei settant’anni previsti, non sono “liberamente consultabili da chiunque dichiari che intende effettuare su di essi delle ricerche di carattere storico o scientifico o statistico. La ricerca (art. 450, comma 3 del codice civile) deve sempre essere eseguita, su richiesta dell’istante, dall’ufficiale, che, per legge (artt. 449, 450, comma 2, del codice civile e art. 5 del d.P.R. 396/2000), è preposto in via esclusiva alla custodia degli archivi, alla iscrizione, trascrizione, annotazione di atti, al rilascio di estratti e certificati” (Massimario 2012).
È utile, in questa sede, richiamare in dettaglio le utilissime indicazioni fornite dal Ministero dell’Interno nel Massimario; in particolare, viene precisato che:
1) in nessun caso, mai, si può ammettere l’accesso diretto di chiunque (anche se personalmente interessato alla consultazione o interessato per ragioni di studio a ricerche storiche, statistiche, epidemiologiche) ai registri dello stato civile; l’art. 450 del codice civile, di carattere generale, è esplicito al riguardo e nessuna norma successiva, di carattere speciale, lo ha derogato. Altre ragioni, come è stato detto, si rinvengono nella necessità di evitare danni o indebite aggiunte o annotazioni su quei registri, di cui l’ufficiale di stato civile è il solo custode, e nella necessità di evitare che chi li consulti estenda illegittimamente la sua indagine ad atti rilegati nello stesso registro, relativi a persone diverse da quelle per le quali la richiesta di visura è stata fatta;
2) tale principio vale anche per atti e registri posti in essere in epoche lontane, perché fondato su ragioni non limitate dal decorso del tempo. Il venir meno, per la richiesta di estratti e certificati, della esigenza della dimostrazione di un interesse personale ed attuale, a seguito dello scadere di un certo periodo di tempo, non riguarda il problema del libero accesso ai registri dello stato civile;
3) è stato correttamente osservato dal Garante per la protezione dei dati personali che risulta assai problematico includere gli atti dello stato civile nella categoria degli “affari esauriti” (cioè dei documenti che, entrando a far parte degli archivi storici dei Comuni, diventerebbero, ai sensi dell’art. 122 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, “liberamente consultabili” – per il fatto di contenere, evidentemente, dati idonei a rivelare rapporti riservati di tipo familiare – “settanta anni dopo la loro data”) e che risulta altrettanto difficile stabilire quando un atto dello stato civile possa considerarsi “affare esaurito”, difficoltà che deriva dall’essere tali atti – pur se ultrasettantennali – soggetti ad annotazioni anche più recenti dovute per legge.
Un quadro di indicazioni chiarissimo e vincolante, a supporto delle risposte che l’ufficiale di stato civile è chiamato a fornire frequentemente.
Sempre riguardo alla consultabilità degli atti, occorre ricordare che il d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (legge archivistica) prevede un regime di consultabilità generale per i documenti anteriori all’ultimo settantennio. Questo principio può rappresentare un elemento di criticità nell’ambito dello stato civile; tuttavia, a dirimere in modo efficace la questione, la soprintendenza archivistica dell’Emilia-Romagna ha posto un quesito all’Ispettorato Centrale Servizi Archivistici del Ministero dell’interno, il quale, in data 30 ottobre 1996, ha risposto che la consultabilità degli atti di stato civile ed anagrafici trova una specifica regolamentazione nell’ordinamento di stato civile e nel regolamento anagrafico. Ne consegue che tali atti sono soggetti ad una “secretazione perenne”. Tanto basta per arginare richieste, a volte imbarazzanti, che pervengono negli uffici di stato civile.
Volendo delineare un quadro di insieme dei principi relativi alla consultabilità degli atti di stato civile, si precisa che:
– in nessun caso, mai, si può ammettere l’accesso diretto di chiunque (anche se personalmente interessato alla consultazione o interessato per ragioni di studio a ricerche storiche, statistiche, epidemiologiche) ai registri dello stato civile. Questo limite risponde alla necessità di evitare danni o indebite aggiunte o annotazioni ed impedire che chi li consulti estenda illegittimamente la sua indagine ad atti rilegati nello stesso registro, relativi a persone diverse da quelle per cui la richiesta di visura è stata fatta;
– tali principi valgono anche per atti e registri posti in essere in epoche lontane, perché fondati su ragioni non limitate dal decorso del tempo;
– risulta assai problematico includere gli atti dello stato civile nella categoria degli “affari esauriti” (Garante privacy).

Per approfondire:

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