Referendum giustizia 2026: ecco quando si voterà e come funziona

La riforma della giustizia passa al Senato senza la maggioranza dei due terzi: parte il conto alla rovescia per il referendum costituzionale senza quorum

31 Ottobre 2025
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Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del comunicato del Senato (30 ottobre 2025), prende avvio il conteggio dei termini per l’indizione del referendum confermativo sulla riforma della giustizia. La riforma introduce la separazione delle carriere dei magistrati e la costituzione di due Consigli Superiori della Magistratura.
Il testo, approvato senza raggiungere la maggioranza qualificata dei due terzi, dovrà essere sottoposto a consultazione popolare entro tre mesi dalla pubblicazione – previa raccolta delle firme necessarie (un quinto dei parlamentari, 500.000 elettori o cinque consigli regionali).
L’obiettivo del governo è fissare la data di voto fra marzo e aprile 2026, pur lasciando margine a eventuali ritardi.
Il referendum sarà senza quorum: l’esito sarà determinato dalla maggioranza dei voti validi espressi, indipendentemente dall’affluenza. La scheda sarà chiara e semplice: “Sì” per approvare la riforma, “No” per respingerla.

Il percorso procedurale e la timeline operativa

Il processo verso il referendum è scandito da fasi ben definite:
Tre mesi dalla pubblicazione in Gazzetta per presentare la richiesta tramite parlamentari, cittadini o Regioni.
– Verifica della regolarità della richiesta da parte della Corte di Cassazione, entro 30 giorni.
– Fissazione della data del voto da parte del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri, entro 60 giorni dalla convalida.
– Il voto si svolgerà in una domenica compresa tra il 50º e il 70º giorno successivo al decreto.

Schieramenti politici

Sul fronte politico, il centro-destra (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Noi Moderati) sostiene compattamente il “Sì”. Anche Azione figura tra i potenziali sostenitori, pur senza confermare una campagna attiva.
I principali partiti d’opposizione – Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi‑Sinistra – si collocano sul “No”. Si segnalano posizioni intermedie, come quella di Italia Viva, che ha criticato la riforma e si è astenuta in Aula.

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