L’ufficiale di stato civile deve avere sempre ben chiaro il differente ambito di applicazione dell’istituto dell’annullamento in autotutela, disciplinato dalla legge n. 241/1990 ed applicabile ai provvedimenti amministrativi, rispetto all’istituto della rettificazione, applicabile nell’ambito dello stato civile, disciplinato dal d.P.R. n. 396/2000 che, fra le altre finalità, ha anche quella di rimuovere un atto di stato civile indebitamente formato.
Il tema è di grande rilevanza ed è stato affrontato dal Consiglio di Stato in occasione della problematica della trascrizione dei matrimoni same-sex, che suscitò grande dibattito, almeno fino alla entrata in vigore della l. n. 76/2016 che ha introdotto l’istituto dell’unione civile.
In sede di prima interpretazione il Ministero dell’Interno, con circolare del 7 ottobre 2014, n. 40, avente ad oggetto “Trascrizione nei registri di stato civile dei matrimoni fra persone dello stesso sesso celebrati all’estero”, con riferimento alla ipotesi del matrimonio same-sex trascritto, espresse il formale invito al ritiro di tali disposizioni e alla cancellazione, ove effettuate, delle conseguenti trascrizioni, ipotizzando, in caso di inerzia, il successivo annullamento d’ufficio in base al combinato disposto degli artt. 21-nonies della l. 241/1990 e 54, commi 3 e 11, del d.lgs. n. 267/2000.
Il Consiglio di Stato con sentenza del 26 ottobre 2015 si allineò a questo orientamento ministeriale, motivandolo con la necessità di uniforme trattamento della fattispecie in tutto il territorio nazionale: “… L’esigenza appena segnalata non risulta, infatti, garantita dalla riserva in via esclusiva del potere di cancellazione delle trascrizioni al giudice ordinario che, proprio per il carattere diffuso e indipendente della sua attività, rischia di vanificare, con interpretazioni diverse e contrastanti, l’esigenza di uniformità di indirizzo su una questione così delicata (come dimostra il decreto in data 13 marzo 2015, con cui la Corte d’Appello di Napoli ha ordinato la trascrizione di un matrimonio omosessuale celebrato all’estero)”.
Una interpretazione difficilmente condivisibile poiché distante dai principi posti dall’ordinamento di stato civile, che assegna in via esclusiva all’autorità giudiziaria il potere di rimuovere, con la procedura di rettificazione, un atto indebitamente formato.
Ben presto si è infatti registrato il doveroso cambio di rotta: con sentenza n. 5047 del 1° dicembre 2016, la sezione III del Consiglio di Stato ha rivisto il precedente orientamento stabilendo che la circolare del Ministero dell’Interno del 7 ottobre 2014, che ha ritenuto sussistente in capo ai prefetti un potere di annullamento delle trascrizioni dei matrimoni omosessuali celebrati all’estero, risulta illegittima nella parte in cui prevede un intervento sostitutivo diretto del prefetto sui registri di stato civile.
Quindi, piena affermazione della correttezza del ricorso al procedimento di rettificazione di cui all’art. 95 d.P.R. n. 396/2000 quando si tratta di intervenire su un atto di stato civile da rimuovere perché indebitamente formato.
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