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Mutamento di cognome, nuovo mutamento di esso (ritornando al precedente): il TAR ammette i ripensamenti, dopo avere affermato che non siano consentiti.
Vi è una sentenza che, forse, può essere condivisa, ma che presenta anche elementi di disorientamento.
Una persona aveva chiesto, ed ottenuto, un cambiamento di cognome (nella specie i figli avevano conservato il cognome nella “versione” precedente), dopo di ché aveva mutato opinione e aveva richiesto un nuovo decreto di cambiamento del cognome, per ritornare a riprendere quello nella “versione” precedente.
Il MIN, aveva rigettato la richiesta, sembrerebbe, motivandone il rigetto ” esclusivamente nel fatto che il richiedente intende ottenere nuovamente il cognome già posseduto e pertanto modificare il proprio cognome per la terza (sic!) … volta, …” (sic!).
L’interessato presenta ricorso al T.A.R. contro il decreto del MIN, ma non al TAR Lazio, bensì a quello del distretto giudiziario di residenza (già qui ..).
Il T.A.R. per la regione Veneto, Sez. 1^, sent. n. 283 del 21/2/2011, accoglie il ricorso (con il decreto del MIN di diniego), considerando come il RSC distingua tra i casi di cambiamento di cognome “ordinari” (per così dire) rispetto a quelli considerati dall’art. 89 e ss. RSC, per cui sussiste la competenza della Prefettura-UTG nei casi di cognomi ridicoli e vergognosi (ed altre stiauzioni), affermando che la giurisprudenza avrebbe escluso che la Prefettura sia titolare di una potestà discrezionale, il cui esercizio possa e debba concludersi con la ponderazione dell’interesse privato con quello pubblico, è tuttavia altresì vero che resta evidente l’esigenza di una meditata individuazione della serietà del fatto e dei connessi motivi di rilievo anche morale dell’istanza: peccato che: a) oggetto del ricorso sia il decreto di rigetto del MIN, b) non sia stata presentata alcuna istanza alla Prefettura-UTG per il cambiamento di cognome assumendone la sussistenza delle condizioni di competenza di quest’ultima.
Il T.A.R., nella sentenza, considera come: ” . se è certamente vero che il nome di ciascun soggetto dell’ordinamentoè destinato ad assolvere la funzione della sua identificazione e il diritto al nome costituisce un rilevante diritto assoluto della persona la cui tutela risulta garantita sia dal codice civile che dalla carta costituzionale, e dunque non è consentito domandare reiteratamente la modifica del cognome (ma, così affermando, non condivide il motivo del rigetto ? ) per poi, acclaratene le sfavorevoli conseguenze, chiedere una nuova modifica, atteso il rilevante effetto sugli atti di stato civile che la modifica del cognome comporta, tuttavia il diniego opposto deve contenere una congrua motivazione, il che non è , nella specie, non potendosi limitare l’amministrazione a opporre una ragione di ordine meramente quantitativo, senza effettuare la correlata, indispensabile, comparazione dell’interesse vantato dal ricorrente, assurto tuttavia a interesse generale, con quello pubblico alla certezza degli atti e dei rapporti giuridici. .”
Non vi è quale (più di una) contraddizione?
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