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Le sanzioni pecuniarie per la violazione degli obblighi anagrafici: le istruzioni del Ministero dell'Interno
Nel presente contributo ci proponiamo di analizzare gli aspetti salienti del nuovo sistema sanzionatorio alla luce delle istruzioni contenute nella circolare ministeriale n. 35 del 18 aprile 2024

La legge di bilancio 2024, con la modifica dell’articolo 11 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, ha rivisto la disciplina delle sanzioni per la violazione degli obblighi anagrafici. Nel presente contributo ci proponiamo di analizzare gli aspetti salienti del nuovo sistema sanzionatorio alla luce delle istruzioni contenute nella circolare ministeriale n. 35 del 18 aprile 2024.

Il Ministero dell’Interno con la circolare n. 35 del 18 aprile 2024 è intervenuto sulla nuova disciplina delle sanzioni previste per l’inosservanza degli obblighi anagrafici, così come introdotta dalla legge di bilancio 2024. Si tratta di una circolare lunga e dettagliata che cerca di offrire le indicazioni necessarie per superare l’impasse iniziale in cui si sono trovati gli ufficiali d’anagrafe nell’applicare le nuove disposizioni.
Lo strumento delle sanzioni pecuniarie, sebbene fosse già contemplato dalla normativa previgente, è rimasto finora praticamente inutilizzato, in quanto il modesto importo previsto in caso di oblazione, pari a 0,26 centesimi, rendeva di fatto antieconomica qualsiasi iniziativa sanzionatoria.
Ora invece la novella normativa ha rideterminato l’importo delle sanzioni in misura più significativa, per cui non potrà più giustificarsi l’inattività degli uffici nella mancata applicazione delle sanzioni anagrafiche. Nella stessa relazione illustrativa al disegno di legge si riconosce infatti come la norma abbia potenziali effetti benefici sia per la finanza pubblica statale sia per la finanza locale.
L’articolo 11 della legge anagrafica, in seguito alle modifiche apportate dall’articolo 1 comma 242 della legge 30 dicembre 2023, n. 213, detta un regime sanzionatorio differenziato in base alla tipologia di violazione:
a) il primo comma prevede l’applicazione di una sanzione pecuniaria amministrativa da 100 a 500 euro per chiunque, avendo obblighi anagrafici, contravviene alle disposizioni contenute nella stessa legge anagrafica, nella legge 27 ottobre 1988, n. 470 (Anagrafe e censimento degli italiani all’estero) e nei relativi regolamenti di esecuzione;
b) il secondo comma contempla invece una sanzione specifica di importo più elevato, da 200 a 1.000 euro per ciascun anno in cui perdura l’omissione, nel caso in cui la violazione riguardi la mancata dichiarazione di trasferimento di residenza dall’estero (che deve essere resa all’ufficiale d’anagrafe in Italia entro venti giorni) o la mancata dichiarazione di trasferimento di residenza all’estero (che deve essere presentata all’ufficio consolare competente entro novanta giorni dalla data dell’effettivo trasferimento).
In entrambi i casi si prevede una sorta di ravvedimento operoso, con l’applicazione di una sanzione minore, pari ad un decimo del minimo (quindi rispettivamente 10 e 20 euro), qualora il trasgressore adempia all’obbligo anagrafico con un ritardo non superiore a 90 giorni, a condizione che la violazione non sia stata già constatata e comunque che non siano iniziate attività amministrative di accertamento delle quali l’autore della violazione abbia avuto formale conoscenza. In buona sostanza il trasgressore può ravvedersi in ritardo (entro i 90 giorni), ma comunque prima che sia stato comunicato formalmente l’avvio dell’eventuale procedimento d’ufficio preordinato alla regolarizzazione della posizione anagrafica. Questa è sicuramente la parte della norma che presenta le maggiori criticità applicative.
Vediamo di analizzare in questo contributo i principali aspetti del nuovo sistema sanzionatorio affrontati dalla recente circolare ministeriale.

L’ambito di applicazione del regime sanzionatorio

La citata circolare circoscrive l’ambito di applicazione delle sanzioni alla inosservanza degli obblighi di rendere nei modi e nei tempi previsti le dichiarazioni anagrafiche indicate dall’articolo 13, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 223/1989 e in particolare dalle prime tre lettere:
a) trasferimento di residenza da altro comune o dall’estero oppure trasferimento di residenza all’estero;
b) costituzione di nuova famiglia o di nuova convivenza, ovvero mutamenti intervenuti nella composizione della famiglia o della convivenza;
c) cambiamento di abitazione.
Di conseguenza i soggetti trasgressori sono individuati nei responsabili delle predette dichiarazioni. L’articolo 6 del regolamento anagrafico indica:
– ciascun componente maggiorenne della famiglia, che è responsabile per sé e per le persone sulle quali esercita la responsabilità genitoriale o la tutela delle dichiarazioni anagrafiche;
– il responsabile della convivenza anagrafica che è tenuto alle dichiarazioni dei membri della convivenza stessa.
Giustamente non sono ritenute sanzionabili le omesse dichiarazioni relative al cambiamento dell’intestatario della scheda di famiglia di cui alla lettera d), in quanto nella prassi tale variazione viene normalmente gestita con una semplice operazione d’ufficio, e quelle riferite al cambiamento della qualifica professionale e del titolo di studio, indicate rispettivamente alle lettere e) ed f), in quanto trattasi di informazioni non certificabili.
La circolare sorprendentemente invece sembra non contemplare altre violazioni che, sebbene non risultino elencate nell’articolo 13, costituiscono comunque un obbligo anagrafico il cui inadempimento comporta la contravvenzione di una precisa norma anagrafica. Ci riferiamo in particolare:

Non è citato dalla nota ministeriale nemmeno l’obbligo per i cittadini stranieri di rinnovare la dichiarazione di dimora abituale nel Comune di residenza, entro 60 giorni dal rinnovo del permesso di soggiorno. Sebbene il decreto del Presidente della Repubblica 18 ottobre 2004, n. 334 abbia specificato che il cittadino straniero non decade dall’iscrizione nella fase di rinnovo del permesso del soggiorno, a parere dello scrivente, si ritiene che l’obbligo di rinnovare la dichiarazione non sia venuto meno, non essendo stata modificata la prima parte dell’articolo 7, comma 3, del regolamento anagrafico.

La competenza all’accertamento e all’irrogazione delle sanzioni

L’articolo 11 attribuisce la competenza all’accertamento e alla irrogazione della sanzione al Comune nella cui anagrafe è iscritto il trasgressore. Il Ministero ha specificato che l’autorità competente è l’ufficiale d’anagrafe del Comune in cui è iscritto il trasgressore o, nel caso di soggetto non iscritto in anagrafe, del Comune nel quale il trasgressore ha l’obbligo di rendere la dichiarazione.
Un aspetto problematico che potrebbe presentarsi riguarda il caso dell’accertamento di un’omessa dichiarazione da parte del responsabile della convivenza relativamente alla mutazione di residenza di uno dei membri. In tale ipotesi il Comune che accerta la violazione è sicuramente quello ove ha sede la convivenza, tuttavia il responsabile della stessa, che è individuato come trasgressore, potrebbe essere iscritto anagraficamente in un Comune diverso. Stessa questione potrebbe proporsi nel caso di dichiarazioni anagrafiche relative a persone soggette alla responsabilità genitoriale o alla potestà tutoria, nel caso in cui il genitore o il tutore risultino residenti altrove.
Il Comune è anche competente per le sanzioni previste nel caso di mancata dichiarazione di trasferimento all’estero. Naturalmente gli uffici consolari all’estero, pur non avendo competenza all’irrogazione delle sanzioni, sono tenuti a collaborare con i Comuni per l’accertamento delle violazioni e devono svolgere ogni opportuna azione intesa a promuovere la presentazione delle prescritte dichiarazioni anagrafiche, anche avvalendosi, per quanto possibile, della cooperazione delle pubbliche autorità locali.

La difficoltà nell’accertamento delle violazioni degli obblighi anagrafici e le soluzioni indicate dal Ministero dell’Interno

Accertare una violazione di un obbligo anagrafico è qualcosa di ben più complesso che rilevare un’infrazione al codice della strada. Gli ufficiali d’anagrafe sono ben consci che non è sufficiente verificare la mera presenza della persona perché possa ritenersi avvenuto un trasferimento di residenza.
La costante giurisprudenza della Corte di cassazione insegna infatti che la residenza presuppone la commistione di due elementi:
– l’elemento oggettivo, che è l’aspetto esteriore e che si concretizza nell’insieme di fatti e comportamenti che denotano la presenza stabile della persona;
– l’elemento soggettivo, che è la dimensione interiore e che consiste nella volontà dell’interessato di protrarre indefinitamente la propria permanenza in un determinato luogo.
Mentre l’accertamento del mancato rispetto del limite di velocità presuppone un’attività puntuale e automatica, molto più complesso è stabilire se (e da quale data) una persona abbia o meno trasferito il proprio luogo di dimora abituale, in quanto si tratta di valutare un insieme di abitudini e di comportamenti, che naturalmente possono presentare innumerevoli sfumature. Conseguentemente la fase di accertamento potrebbe richiedere un complesso di attività da eseguirsi in un periodo di tempo più o meno ampio.
Di questa problematica ne è ben consapevole il Ministero dell’interno che ha evidenziato la necessità di poter individuare con certezza il dies a quo, ossia la data in cui si sono verificati i fatti che devono essere dichiarati. È infatti indispensabile definire tale momento per poter accertare il mancato rispetto dei termini e conseguentemente applicare il trattamento sanzionatorio previsto per l’omissione o per il ritardo nell’adempimento agli obblighi anagrafici.
La nota ministeriale indica la seguente soluzione:
– in presenza di segnalazioni da parte di altro Comune ai sensi dell’articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 223/1989, o di altre risultanze indicative del trasferimento di fatto della residenza, il predetto termine decorre da tale comunicazione;
– in mancanza di riferimenti precisi, per poter individuare con certezza il dies a quo, l’ufficiale d’anagrafe è tenuto ad invitare mediante apposita comunicazione il cittadino a rendere le dichiarazioni dovute, avvisandolo che scaduti i prescritti 20 giorni incorrerà nelle sanzioni previste dall’articolo 11 della legge n. 1228/1954.
Sebbene tale passaggio della circolare sia stato inserito in riferimento all’omessa dichiarazione di trasferimento della residenza dall’estero, si ritiene che la stessa procedura possa essere applicata correttamente anche nei casi di trasferimento di residenza tra comuni o di cambio di abitazione all’interno dello stesso comune.
Prima di avviare formalmente il procedimento di iscrizione o di mutazione d’ufficio, l’ufficiale d’anagrafe dovrebbe pertanto invitare il cittadino ad adempiere ai propri obblighi anagrafici. Del resto l’articolo 5 della legge n. 1228/1954 dispone che l’ufficiale d’anagrafe che sia venuto a conoscenza di fatti che possono comportare l’istituzione o la mutazione di posizioni anagrafiche, deve invitare preventivamente gli interessati a rendere le dichiarazioni.
Solo successivamente, nel caso in cui perduri l’omissione, nonostante l’invito, potrà essere avviato il procedimento d’ufficio dandone comunicazione ufficiale al cittadino stesso. Abbiamo visto infatti che, una volta inviata la comunicazione di avvio del procedimento, sarebbe preclusa la possibilità per il trasgressore di ravvedersi con una dichiarazione “tardiva” e di ottenere l’applicazione della sanzione minore (pari a un decimo del minimo).
Considerato che obiettivo dell’ufficio deve essere quello di fare in modo che vengano adempiuti gli obblighi anagrafici, e non quello di incassare le sanzioni, a parere dello scrivente, una possibile indicazione operativa è quella di posticipare l’avvio della procedura d’ufficio e la relativa comunicazione dopo il decorso dei 90 giorni di ritardo, soprattutto nei casi più problematici, sfruttando così tale lasso temporale per acquisire ulteriori elementi valutativi.
In ogni caso, la procedura sanzionatoria sarà intrapresa solo a conclusione del procedimento anagrafico, sia esso avviato in seguito alla dichiarazione (tardiva) dell’interessato oppure d’ufficio.

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